Un concorso per quale Ministero?

Finalmente è arrivato: il nuovo concorso, lungamente annunciato, è stato varato ieri dagli uffici del Ministero. Adesso può finalmente partire la lunga maratona di studio per i tanti che aspirano a mettere le proprie professionalità al servizio del MiBACT, mai come in questo momento di profondo cambiamento bisognoso di figure competenti e motivate per rinforzare la propria traballante struttura.

In un momento di totale rivoluzione tuttavia, a guardare le qualifiche e i numeri richiesti dal concorso, sembra quasi che gli uffici che hanno lavorato al bando abbiano operato su di un’isola deserta, senza alcuna comunicazione con l’esterno. La selezione infatti appare messa a punto  in base ai fabbisogni del MiBACT precedenti la riforma. Se il numero degli archeologi a prima vista si mostra congruo, stupisce la loro concentrazione nel Lazio (ben 22 unità di personale su 90 messe a concorso); i territori invece sembrano lasciati in secondo piano, con alcune regioni fortemente penalizzate, nonostante siano in procinto di essere colpite pesantemente dallo “spacchettamento” delle Soprintendenze Archeologia e dal passaggio di competenze ai poli museali. Mancano del tutto indicazioni sugli uffici di assegnazione (Soprintendenze? Musei?): un segno forse dell’incertezza che regna dentro il Ministero sulle dotazioni organiche dei nuovi Istituti? Il nostro timore è che in prospettiva questa incertezza si trasformi in un pesante squilibrio di risorse umane dalle Soprintendenze ai Musei, con seri problemi per la tutela archeologica territoriale.

Del resto, nel settore storico-artistico i soli quaranta posti da funzionario messi a concorso denunciano l’intenzione di marginalizzare sempre di più questa figura: dobbiamo forse aspettarci una sparizione dei tecnici dal territorio ed una loro concentrazione nelle strutture museali?

Ma l’elemento più preoccupante è rappresentato dall’assordante assenza degli amministrativi: la riforma così come è stata concepita nelle sue due fasi prevede un proliferare di uffici, con la nascita ex nihilo di Poli museali e Musei autonomi in quantità, per il cui funzionamento servirebbero impiegati e funzionari amministrativi in misura enormemente maggiore rispetto a quella attuale, visti anche gli imminenti, massicci pensionamenti.

Senza l’immissione di forze nuove dentro le segreterie, gli uffici personale, i protocolli, la macchina ideata da Franceschini rischierà di arenarsi ancor prima di partire. Con buona pace dei nuovi cantori del petrolio culturale e della tutela olistica.

Comunque, auspichiamo che le procedure concorsuali siano espletate nei tempi indicati… per accogliere il prima possibile i nuovi colleghi!

In bocca al lupo a tutti!

Montanari e il Ministero della Bellezza

API MiBACT ha più volte espresso forte preoccupazione per l’indirizzo che si sta imprimendo a tutela, gestione e valorizzazione dei beni culturali italiani. Una preoccupazione che trova ulteriore conferma nelle dimissioni del Prof. Tomaso Montanari dalla commissione ministeriale consultiva che ha il compito di vagliare le proposte di cessione di beni culturali come pagamento delle imposte, rassegnate per rispetto alla propria onestà intellettuale e coerenza professionale. L’incarico, per stessa affermazione del prof. Montanari (fonte: http://www.travelnostop.com/news/beni-culturali/montanari-lascia-mibact-non-presto-mio-lavoro-a-propaganda_133983), si andava rivelando strumento per mera propaganda politica e non vero supporto alla tutela del patrimonio culturale della nazione.

Attraverso la riforma in atto e le molte esternazioni pubbliche delle più alte cariche politiche del nostro Paese, il MiBACT non sembra più avere come fine primario la salute e il benessere del nostro immenso patrimonio culturale. Risulta infatti manifesto come la riforma tenda a immobilizzare l’efficacia di tutti gli aspetti della tutela territoriale (attraverso l’appesantimento della catena di comando e lo svilimento delle competenze scientifiche di soprintendenti e funzionari nelle soprintendenze uniche, l’introduzione dell’istituto del silenzio -assenso e la sottomissione delle soprintendenze alle prefetture), depauperandola sempre più di risorse, tutte destinate ai grandi progetti di valorizzazione. D’altro canto le dichiarazioni del Ministro e del Presidente del Consiglio che si leggono sui giornali sembrano indirizzate verso una considerazione del patrimonio culturale quale mero prodotto sottoposto alle leggi del marketing. Il fatto che si parli sempre più di “bellezza” e sempre meno di “cultura” per indicare il nostro patrimonio, che si voglia decidere sulla salute e sulla valorizzazione dello stesso non sulla base di considerazioni tecniche e scientifiche ma sul … “televoto”,  sono elementi che indicano una preoccupante visione del bene culturale quale prodotto di consumo  e non quale risorsa culturale per il Paese…un patrimonio insomma per il quale il termine “valorizzazione” rischia di essere sempre più interpretato come “dare un valore economico” e non come “utilizzo del bene per creare valore per un territorio”.

Per questo, ancora una volta API-MiBACT rivendica il ruolo e il valore della cultura e di chi opera con serietà e professionalità per la salvaguardia della stessa.

La Bellezza al Governo

Prima serata televisiva, notizia straordinaria, applausi a scena aperta: l’annuncio dato dal Presidente del Consiglio durante la puntata domenicale di “Che tempo che fa” dell’8 maggio è una bomba, per chi si occupa di beni culturali. 150 milioni da investire su beni e luoghi della cultura da restaurare, scavare o ristrutturare sono una cifra considerevole, non c’è che dire, soprattutto a fronte di una situazione che negli ultimi anni ha visto ridursi al lumicino i fondi ordinari messi a disposizione dal Ministero. Una risposta prontissima del premier alle critiche arrivate dalla piazza con la manifestazione di Emergenza Cultura, tenutasi appena un giorno prima.

Dunque, la notizia non può che essere accolta con favore: ossigeno quanto mai necessario per un Ministero sfiancato dai tagli, ancora alle prese con una riforma incompiuta (quella del 2014) e una appena varata.

Ma forse è proprio per alleggerire il carico di lavoro ai poveri funzionari e dirigenti del MiBACT, impegnati a sopravvivere alla disarticolazione degli uffici causata dalle riforme suddette, che il Governo ha elaborato una nuova formula per l’esercizio della tutela. Sì, perché d’ora in avanti non servirà che le Soprintendenze producano complicate e noiose relazioni tecnico-scientifiche, studi di fattibilità, progettazioni, elenchi di priorità. Da adesso in poi sarà direttamente la gente a scegliere quale monumento salvare e quale lasciare a marcire nel degrado. Basta noiose competenze tecniche: sarà l’indice di gradimento espresso dal “televoto” dei beni culturali a decidere. È già pronta una casella di posta elettronica: scrivete dunque a bellezza@governo.it. Sì, avete letto bene: le segnalazioni verranno raccolte direttamente dalla Presidenza del Consiglio. Non fosse mai che al Ministero dei Beni Culturali qualcuno avesse un rigurgito di competenza scientifica per indirizzare le scelte…

Per il lavoro corrente dei tecnici, del resto, rimarrà la solita manciata di soldi con cui far fronte alla tutela quotidiana: 35 milioni circa, stando ai dati 2015, spalmati su tutti i settori (archeologia, storia dell’arte, architettura, paesaggio, archivi, biblioteche…) con cui occuparsi di manutenzioni, restauri, cantieri di scavo, ma che servono anche a pagare bollette e pulizie di musei e uffici. Una miseria, se raffrontata alle necessità del patrimonio culturale della Nazione.

Ma si sa, val più l’annuncio di una sera che il lungo e oscuro lavoro di chi la tutela si ostina a farla ogni giorno.

L’ICA che vorremmo…

Nel dibattito sull’Istituto Centrale di Archeologia, annunciato dal Ministro in un’intervista sul quotidiano
“La Repubblica”, non è stato finora fornito alcun elemento utile per capire motivazioni e obiettivi di questo
nuovo corpo interno al Ministero, né le specificità che si ritiene debba assumere rispetto ai compiti di tipo
archeologico assorbiti -dopo la soppressione della Direzione Generale Archeologia- dalla nuova Direzione
Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio. È completamente mancata, del resto, la consultazione della
componente tecnico-scientifica interna allo stesso Ministero.
Sebbene ancora non siano chiare funzioni e compiti del nuovo istituto, A.P.I. – MiBACT ritiene che il nuovo
Istituto debba elaborare linee guida e indirizzi metodologici nell’ambito archeologico e auspica il pieno
coinvolgimento dei funzionari archeologi in forza nelle varie regioni, portatori non solo di esigenze e
problematiche delle diverse realtà territoriali, ma anche del complesso di esperienze scientifiche e pratiche
maturate nel corso degli anni all’interno degli istituti periferici.
Riteniamo quindi che l’I.C.A. si possa occupare di:
1) Elaborazione di criteri generali per:
– definizione di standard omogenei di elaborazione della documentazione di scavo, compresa quella grafica e
fotografica;
– regolamentazione della proprietà scientifica e intellettuale dei dati di scavo, che contribuisca a tutelare i
diritti intellettuali di chi raccoglie ed elabora tale documentazione scientifica, oltre che quelli della direzione
scientifica;
– elaborazione di procedure unitarie per banche dati e GIS da utilizzare per le valutazioni di rischio
archeologico nella pianificazione territoriale.
2) Sostegno per l’adeguamento informatico degli uffici MiBACT, consistente in:
– supporto alle quotidiane attività di informatizzazione e digitalizzazione degli archivi pregressi, anche
attraverso l’elaborazione di linee-guida per l’applicazione del Codice dell’Amministrazione Digitale;
– sostegno di progetti tuttora esistenti in ambito ministeriale (ad es. sistemi informativi RAPTOR e SITAR),
nati in seno alle Soprintendenze Archeologiche;
– sostegno all’avvio della digitalizzazione degli archivi pregressi nelle regioni dove questa azione non sia
stata ancora avviata.
3) Elaborazione di protocolli e supporto organizzativo per le attività archeologiche subacquee condotte
su tutto il territorio nazionale e sulle acque di competenza, attraverso:
– coordinamento e completamento del progetto Archeomar;
– elaborazione di proposte progettuali per la regolamentazione del settore, per le attività di tutela e di ricerca,
per la formazione degli archeologi subacquei;
– coordinamento con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Uffici Circondariali Marittimi per la
collaborazione continua ai fini della tutela.
4) Attivazione di servizi e laboratori centrali per le Scienze archeologiche (geoarcheologia, archeometria,
bioarcheologie, ecc.), a supporto delle attività delle strutture periferiche del tutto prive di personale e di
risorse, in grado di ottemperare a tale fondamentale componente dell’attività di scavo archeologico.
5) Divulgazione su scala nazionale e internazionale degli esiti, almeno preliminari, degli scavi e delle
ricerche condotte in Italia dal Ministero, tramite, ad esempio, la ripresa della pubblicazione dei Fasti-online.
Essa permette infatti di fornire in tempi rapidi e con costi estremamente ridotti, in attesa di edizioni più
estensive, i primi dati utili al progredire della ricerca scientifica, nonché di divulgare informazioni su temi di
ricerca del Ministero, contribuendo all’attività di valorizzazione del patrimonio tutelato.

Istituto Centrale per l’Archeologia: nota congiunta di API e Assotecnici

On.le Sig. Ministro,
E’ giunta notizia alle Associazioni che rappresentiamo che le Consulte Universitarie saranno prossimamente ricevute dalla S.V. per la definizione del futuro Istituto Centrale per l’Archeologia, e che si siano avviate numerose iniziative a livello generale per definire le modalità operative della Riforma stessa.
Indipendentemente dal fatto che le nostre Associazioni abbiano più volte espresso dissenso dai principi informatori delle Riforme in atto, riteniamo che la correttezza e lo spirito di servizio che -in quanto fedeli servitori dello Stato – animano i funzionari da noi rappresentati necessitino di una maggiore considerazione. Siamo infatti costretti a rammaricarci del fatto che non si tenga conto della disponibilità più volte espressa dalle Nostre Associazioni a contribuire in modo fattivo alla definizione delle modalità pratiche della riforma, grazie soprattutto alla effettiva conoscenza diretta dei meccanismi interni dell’Amministrazione e dei problemi reali della tutela, della ricerca archeologica e della fruizione, che i funzionari hanno acquisito nel loro servizio quotidiano e attraverso gli studi propri della nostra disciplina.
Tanto più che, negli incontri successivi alle manifestazioni del 28 gennaio u.s. e del 1 febbraio il Capo di Gabinetto Prof. D’Andrea aveva garantito sia ai nostri rappresentanti sia a quelli di FLP, CGIL, CISL e UIL che le Associazioni di Categoria e i Sindacati, ciascuno per le proprie competenze, sarebbero stati coinvolti direttamente nei tavoli tecnici per l’applicazione della riforma.
Ciò considerato, nel restare in attesa di riscontro, rinnovando la nostra richiesta di incontro con la S.V., nella speranza di potere partecipare concretamente al processo di riforma del nostro Ministero, voglia gradire i nostri migliori saluti.

API – MiBACT                                                                                   Assotecnici

Il presidente                                                                                    Il presidente

Italo Maria Muntoni                                                                       M.V. Marini Clarelli