Le riforme che verranno. Lettera di API al Ministro Bonisoli

Dopo l’incontro con il Ministro avvenuto il 20 marzo scorso, riguardante la ormai imminente nuova riforma organizzativa del MiBAC, API ha avviato una riflessione sulle principali criticità del nuovo assetto del Ministero, inviando le proprie considerazioni all’On. BOnisoli. Di seguito riportiamo il testo della lettera:

Gentilissimo Sig. Ministro,

L’Associazione Archeologi del Pubblico Impiego – API, alla luce dell’incontro tenutosi il 20.03.2019 e dei documenti di presentazione della Riforma divulgati anche successivamente, pur apprezzando la soluzione adottata nel voler condividere con le associazioni la riforma in atto e nel voler intraprendere azioni volte al superamento delle carenze di organico e al miglioramento dei processi, degli strumenti per la gestione dei contratti, delle sponsorizzazioni, degli appalti, delle concessioni, delle forme di partenariato pubblico/privato, ritiene doveroso porre all’attenzione Sua e del Presidente della Commissione alcune criticità della proposta presentata.

È innanzitutto doveroso sottolineare come API abbia più volte ribadito, in documenti pubblici e in note trasmesse alla Segreteria del Ministro e all’attenzione della stessa Commissione, che la tutela archeologica ha specificità proprie. Tali specificità non consistono solo nella particolare azione di controllo istituzionale sul territorio ma anche nell’esigenza di disporre di strutture per la conservazione e il restauro del patrimonio archeologico rinvenuto; sono condizioni che impongono la presenza di una dirigenza con competenze specifiche del settore nonché una visione di intervento su larga scala territoriale, che sia in grado di garantire un’azione di tutela omogenea ed efficace su un patrimonio che si accresce ogni giorno. Per tale ragione la soprintendenza unica, così come attualmente concepita e così come si prospetta nel prossimo futuro, non è una soluzione efficace né per la preservazione del patrimonio culturale né per una piena soddisfazione dei diritti dei cittadini.

Infatti, la centralità dei cittadini nell’azione ministeriale (più volte indicata come fulcro della riforma in itinere) deve essere intesa come dovere dello Stato di preservare il patrimonio culturale della nostra Nazione per l’educazione e il godimento di tutti i cittadini, delle generazioni presenti e future, e non come mero coinvolgimento per fini privatistici. In tal senso, solo un’azione di tutela unitaria e competente può salvaguardare tale patrimonio e consentirne forme adeguate di valorizzazione.

Partendo da questo ineludibile assioma, che va attuato con tutti i mezzi in possesso del MiBAC , ossia l’unitarietà delle azioni di tutela, conservazione e  valorizzazione, e alla base di questi, della ricerca scientifica, si ritiene che la proposta presentata presenti dei punti di debolezza che possono inficiare tali pratiche e quindi annullare il beneficio per i cittadini, come sopra inteso.

 

Si richiede pertanto un ripensamento fattivo sui seguenti aspetti critici:

  1. SABAP – Al di là di tutte le criticità sopra esposte, per cui API continua a ritenere le Soprintendenze uniche soluzioni non efficaci e ad auspicare il ritorno a Soprintendenze archeologiche regionali, il prospettato moltiplicarsi delle SABAP sul territorio non porterà di certo alcun avvicinamento ai cittadini, ma di fatto alla perdita di una visione scientifica più ampia, ad una inevitabile perdita di fiducia da parte degli Enti locali e dei cittadini nei confronti di uno Stato che risulterà eccessivamente frammentato e letteralmente inabile al coordinamento delle proprie azioni sul territorio. Tali SABAP non tengono peraltro conto delle dinamiche storiche e culturali che avevano portato, oltre un secolo fa, all’istituzione di uffici di tutela con specifiche estensioni territoriali.

Si chiede pertanto quantomeno la riduzione delle SABAP a una unità regionale o a non più di 2 unità (per limitati casi dove estensione geografica e caratteristiche storiche potrebbero giustificare tale divisione). Inoltre, attualmente le SABAP sono in grave difficoltà a causa della frequente mancanza di una sede unitaria (mentre si richiede una gestione unitaria della pratica) e per la difformità delle procedure tra i vari settori tecnico-scientifici (nonostante la richiesta di produrre un unico parere). Appare poi contraddittoria, a fronte delle strutture unificate create con il DM 44/2016, la prospettata istituzione di “Soprintendenze archeologiche del mare”, il cui disegno appare quanto mai nebuloso rispetto all’importantissimo ruolo di tutela che potrebbero (e dovrebbero) ricoprire a livello interministeriale. Si rappresenta, infine, il rischio di un ulteriore ed inutile sperpero di risorse da dedicare a discutibili passaggi patrimoniali tra i vari uffici, per i quali gli stessi uffici non sono in alcun modo attrezzati.

Per il superamento di tali problematiche si richiede la costituzione di una specifica commissione tecnica formata anche da personale degli uffici periferici.

 

  1. SABAP, AREE ARCHEOLOGICHE E MUSEI – L’attribuzione “di aree e parchi archeologici minori in capo alle SABAP, anche al fine di rafforzare il nesso tra le attività di tutela, di ricerca e di valorizzazione”, così come delineata, non si rivelerà efficace ma anzi dannosa. Con la precedente riforma, a tutti i musei è stata imposta una mission più improntata allo sviluppo della valorizzazione. Per ragioni incomprensibili, le aree archeologiche, salvo qualche raro caso, sono rimaste indietro. Mentre si costituivano le reti museali, i pacchetti turistici e le offerte integrate, luoghi della cultura di piena dignità restavano fuori dai circuiti, perché affidati a uffici che non avevano più tra le loro competenze la valorizzazione. Il DM 14 marzo 2018 ha in parte sanato la situazione e restituito almeno ad alcune aree archeologiche l’opportunità di rientrare nei circuiti dell’offerta culturale strutturata dal lavoro dei Poli.

Ora, questo nuovo intervento che tende a riportare le aree archeologiche agli uffici di tutela si rivelerà inevitabilmente dannoso se non prevederà che musei territoriali, aree e parchi archeologici siano trattati in maniera omogenea e unitaria e se non saranno previsti  quantomeno degli uffici dedicati per regolamentare tali aspetti: se fanno capo all’ufficio di tutela, devono poter rientrare nella rete museale (e quindi occorre internamente alle SABAP un ufficio di valorizzazione dedicato, con il relativo Responsabile); se fanno capo all’ufficio di valorizzazione, devono poter essere tutelati.  In caso contrario, le aree e i parchi archeologici minori saranno irrimediabilmente scollati da qualsiasi sistema di valorizzazione museale ad ampio respiro e perderanno la loro coesione con il museo territoriale, espressione appunto di un dato territorio archeologico.

In altre parole musei archeologici e relative aree archeologiche di un dato territorio devono poter stare insieme per garantire una reale valorizzazione e anche una più organica e unitaria azione di tutela.

 

  1. RETI MUSEALI SOVRAREGIONALI – (in numero di 11). Oltre a non risultare chiara la loro organizzazione, accorperebbero realtà museali di regioni diverse per storia e genesi museale, eliminando di fatto qualsiasi azione di coordinamento con gli altri uffici periferici (sia con le SABAP, che potrebbero diventare più numerose, sia con i Segretariati). Preoccupa che tale divisione non rispecchi quella che è la struttura dello Stato Italiano, articolato in Regioni, Province e Città Metropolitane. Tale struttura non può che portare a un definitivo scollamento tra la tutela esercitata a dimensione poco  più che sovra-provinciale, e la valorizzazione, che sembra configurarsi come mero elemento economico e non come effettivo incremento culturale, perdendo la valenza di riferimento per il territorio regionale (e quindi vicino ai cittadini) .

Si chiede pertanto di mantenere le Reti Museali ad estensione regionale (non dividendo però le aree archeologiche dai musei) oppure di sopprimere le reti museali stesse, riassegnando personale e strutture alle SABAP, le quali -attraverso una propria area funzionale Valorizzazione- possano provvedere alla costruzione di un progetto unitario ed equilibrato.

 

  1. SEGRETARIATI INTERREGIONALI – Avendone evidenziato, per il futuro, solo la funzione amministrativa, organizzativa ed ispettiva, organizzata su base sovra-regionale, si evince che verrà a mancare la funzione di coordinamento tra uffici periferici regionali (oggi SABAP e Poli Museali) per fondamentali attività che meramente amministrative non sono, quali ad esempio le Commissioni Regionali per il Patrimonio Culturale (COREPACU), che esaminano gli aspetti relativi alla c.d. “vincolistica” portando all’adozione dei provvedimenti di tutela necessari. Tali attività meglio si regolano con un coordinamento regionale (dietro direttive centrali) e non con 7/8 uffici interregionali che accorpano realtà diverse.

Su tali aspetti si chiede specifico chiarimento tecnico.

 

In ultima analisi, si ritiene che l’eccessiva diversità di organizzazione dei comparti della tutela e della valorizzazione nonché la sostanziale mancanza di un effettivo coordinamento a livello regionale tra questi due pilastri della Cultura, portino a una forte compressione dell’autorevolezza e delle competenze del Ministero in una materia in cui occorre una visione il più possibile unitaria e paritaria.

 

Certi dell’attenzione Sua e della Commissione, porgiamo con l’occasione i nostri migliori saluti.

 

dott. Italo M. Muntoni

Presidente Nazionale di API – MiBACT

 

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