L’occasione perduta

La recentissima soluzione della crisi di governo ci costringe ad impostare questo nostro contributo in forma di saluto indirizzato sia all’ex ministro dott. Bonisoli sia al nuovo Ministro on. Franceschini.  Si fa peraltro sempre più nebuloso il destino del DPCM 76/2019 di Riorganizzazione del Ministero; dopo lo stop ai decreti ministeriali attuativi, bloccati prima dell’approvazione da parte della Corte dei Conti, le ultime dichiarazioni del nuovo responsabile del nostro dicastero indicano la volontà di intervenire in qualche modo anche sul cuore del riassetto voluto dal suo predecessore.

Ci sembra comunque doveroso esprimere una serie di osservazioni scaturite sia dagli ultimi mesi di faticosa gestione della “riforma in itinere” sia dal testo del DPCM che degli stessi decreti attuativi, come anche dalla lettera indirizzata a tutti i dipendenti MiBAC dallo stesso Bonisoli il 2 settembre scorso.

Lungi dal voler inutilmente soffermarci sull’utilizzo di termini quali “riforma” o “contro-riforma”, è necessario intanto sgombrare il campo da un equivoco. Tutti i recenti atti normativi che hanno interessato il funzionamento del MiBAC sono di fatto regolamenti di organizzazione e, dunque, si utilizzerà tale formula invece della più invisa “riforma”. Contestiamo in ogni caso fortemente che Bonisoli riduca il DPCM ad una sostanza leggera (“alcune necessarie modifiche che ogni organizzazione complessa è tenuta dinamicamente ad introdurre”, cit.) sia perché, appunto, nel merito il DPCM ha introdotto sostanziali novità nell’articolazione ministeriale, sia perché rimangono davvero nebulosi gli obiettivi per i quali l’azione del ministro e dei suoi consiglieri ha stravolto l’assetto dei Poli museali e dei Segretariati regionali. Il MiBAC, ritornato ora a MiBACT, non equivale ad “ogni organizzazione complessa”; ha una struttura diversa rispetto a quella degli altri ministeri. Il MiBACT non è fatto solo di persone, di uffici e sedie da assegnare; il MiBACT detiene e gestisce il Patrimonio culturale di proprietà statale. Ogni operazione di “maquillage” condotta sugli uffici ha delle conseguenti ripercussioni proprio sulla gestione del Patrimonio. E questo nostro messaggio, nonostante la fase di ascolto dei soggetti portatori di interesse promossa nei mesi scorsi, non è purtroppo arrivato a destinazione.

Non si riesce davvero a comprendere come possa corrispondere al criterio della razionalità ed efficienza della PA un’operazione che, nei fatti, ha privato le periferie di sedi dirigenziali, determinando accorpamenti di funzioni senza alcuna logica ed indebolendo gli stessi uffici periferici a vantaggio della macchina centrale. Suona davvero vuota l’espressione “governance più forte” usata da Bonisoli per definire l’operazione.

Un meccanismo innovativo, come la COREPACU (elemento introdotto nel precedente DPCM 171/2014) è stato smantellato e l’azione volta all’elaborazione dei vincoli e delle Verifiche di Interesse Culturale, numerosissime, è ad oggi in un limbo procedurale che auspichiamo sia definitivamente superato, come già avviato della competente Direzione Generale, scongiurando il rischio di un rallentamento nell’emissione dei decreti o, peggio, di un mancato rispetto dei tempi di legge, per l’accentramento di queste procedure da tutta Italia negli Uffici centrali.

Auspichiamo peraltro davvero che la nuova Direzione Generale Contratti possa avere un impatto positivo sulla capacità di spesa e condividiamo in parte le valutazioni di Bonisoli su questo tema critico; a patto che si riconosca anche che le criticità nella capacità di spesa dipendono e derivano da una Programmazione ordinaria continuamente incerta, nei tempi e negli importi assegnati, oltre che da una cronica mancanza di personale amministrativo e/o di supporto per le attività di progettazione, che in periferia gravano pressoché totalmente sui funzionari tecnico-scientifici impegnati totalmente a svolgere l’attività di tutela e valorizzazione di loro competenza. Tuttavia, ferma restando l’utilità di disporre di supporti amministrativi nella nuova DG nel campo dei contratti e delle concessioni d’uso, stupisce e preoccupa non poco l’introduzione del concetto di “bene minore”, mai trattato prima, né a livello scientifico né a livello giuridico.

Certamente API deve soffermarsi sull’azione condotta nei confronti dei Poli museali. In più riprese (non solo il 21 marzo scorso) abbiamo manifestato la contrarietà al progetto nato col DPCM 171, proponendo di superare le divisioni con una nuova visione unitaria di gestione del Patrimonio, che ricomprenda – come è stato fino a pochi anni fa – tutela e valorizzazione. È questa senz’altro un’occasione perduta di sanare un vulnus culturalmente inaccettabile. Né sembra che gli interventi apportati possano condurre ad un vero superamento della situazione attuale, con musei di serie A e B, ma forse anche C. Le logiche delle reti territoriali appaiono confuse e inappropriate, in particolar modo in relazione agli accorpamenti extraregionali, quanto meno per come sono state disegnate dal DPCM 76 e dal successivo decreto ministeriale relativo alla riorganizzazione dei musei, poi ritirato. L’evoluzione in HUB, al di là del moderno gergo aeroportuale, manca di un solido progetto scientifico a monte e le reti lasciano senza soluzione i problemi già esistenti di mancato raccordo con i musei degli enti locali.

Rileviamo di certo l’impegno di Bonisoli nell’ambito delle assunzioni, ricordando tuttavia che l’operazione ci sembra essere pubblicizzata come azione eccezionale, quando invece si sostanzia in un necessario tappo alla gigantesca falla che si sta aprendo in tutte le aree a seguito dei pensionamenti. L’azione condotta è operazione necessaria esclusivamente per evitare il tracollo della struttura ministeriale e non di certo un rilancio del settore della cultura italiano ed europeo, come sbandierato.

Certo non possiamo ambire, con questo documento, ad entrare nei dettagli di ogni singolo articolo della riorganizzazione ministeriale. Tuttavia possiamo notare alcuni elementi macroscopici, a partire sia da elementi di forma, come l’ “illeggibilità” delle prime 6 pagine del decreto musei, composte da un rocambolesco ed indecente gioco di sostituzione di parole rispetto al decreto di fine 2014, sia da elementi di sostanza come l’incongruenza del progetto Musei Nazionali Etruschi. Su tale tema: se si raggruppano più musei ed aree su più regioni (Lazio e Toscana) non si comprende perché ad esempio ne sia escluso il Museo di Marzabotto, assegnato alla rete territoriale dell’Emilia Romagna, o addirittura Veio, che rimane in capo alla rete territoriale del Lazio. Potrebbe essere una svista o una dimenticanza, come quella che ha condotto alla scomparsa del neonato e neo-inaugurato Museo delle Navi di Pisa… di cui non vi è traccia.

Colpisce la logica applicata (se ce n’è una), che mira  –crediamo – a rendere giustizia ad un macro-fenomeno storico-culturale come la civiltà etrusca, ma che contraddice e smentisce la stessa logica organizzativa delle reti territoriali, rischiando di innescare cortocircuiti a livello soprattutto gestionale. Se il progetto, a monte, è culturale, allora forse meritava più attenzione e coinvolgimento e discussione, immaginando strumenti analoghi per altri macro-fenomeni di livello extra-regionale (la civiltà longobarda, ad esempio). Se invece il progetto è solo gestionale, allora non si comprende l’abolizione (!!!) del Polo del Friuli Venezia Giulia, con assegnazione al Castello di Miramare di tutte le sedi museali FVG, in una logica solo politica, preludio alla più agevole cessione della gestione da parte del MiBACT alla regione autonoma, sulla scorta delle spinte autonomistiche particolarmente forti in Regione.

Non si comprende, nuovamente, come l’accorpamento o scorporo dei luoghi della cultura, come disposto dall’art.3, c.4 del decreto di articolazione degli uffici dirigenziali di livello non generale, sulla base della loro collocazione nello stesso Comune (!) possa davvero aiutare la fruizione e la valorizzazione.

Le SABAP risultano essere uscite quasi indenni dall’intervento di riorganizzazione, per lo meno nel numero (ad eccezione di un cambio di denominazione in Abruzzo a partire dal 2020) e nelle competenze, se escludiamo la possibilità che possano attivare autonomamente dei nuclei dedicati all’archeologia subacquea (operazione che rinvia, ancora una volta, alla periferia l’ingrato compito di risolvere le questioni legate al personale preposto, alle attrezzature, alla capacità operativa, etc). Resta immutato anche il problema della valorizzazione nelle SABAP; ad una prima lettura dei documenti legati alla riorganizzazione ministeriale, non sembra chiaro quale debba essere il rapporto tra SABAP ed uffici centrali nel caso di interventi di valorizzazione o accordi di valorizzazione di aree e/o reperti statali che si trovano in zone o immobili di proprietà di enti locali. Sembrerebbe esserci una competenza specifica della Direzione Generale Musei, secondo l’art. 17, c. 2, lett. d, f, i del DPCM, ma forse anche della Direzione Generale Contratti, secondo l’art. 23, c.2, lett. e. Senza contare che la parola “valorizzazione” ancora una volta non compare fra le funzioni né delle SABAP né della Direzione Generale ABAP. In attesa dunque di ricevere indicazioni e linee-guida chiare, tutto ciò è ulteriore conferma della difficoltà intrinseca nell’affrontare le problematiche derivanti dall’artificiosa e dannosa divisione tra tutela e valorizzazione.

Appaiono poi illogici gli interventi di riorganizzazione dei Segretariati regionali, ora accorpati in buona parte e ridenominati; illogici soprattutto perché avrebbero dovuto riflettere quanto meno le discutibili modifiche territoriali apportate ai Poli / Direzioni Territoriali Reti Museali. Che senso ha, ad esempio, una rete territoriale di Lombardia e Veneto se poi anche il Segretariato distrettuale non segue la stessa logica organizzativa? Altrove invece l’accorpamento dei Poli è seguito da identico accorpamento dei Segretariati (v. il caso di Liguria e Piemonte). Insomma, un guazzabuglio ingiustificabile, ancora una volta condotto sulla pelle dei dipendenti.

In attesa di capire cosa succederà nelle prossime settimane e quale indirizzo darà il nuovo (vecchio ?!) ministro, speriamo davvero che termini presto questo stato di confusione mentale e organizzativa che sempre più –purtroppo – caratterizza questo sfortunato Ministero.

 

 

Archeologi Pubblico Impiego  – MiBACT

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