La Riforma del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – il nostro punto di vista in 10 (semplici) punti

Il Governo Italiano mette mano ad una grande riforma del Ministero dei Beni Culturali. In base a quanto annunciato dal Ministro Franceschini, da oggi in poi, con il compimento della separazione tra uffici preposti alla valorizzazione e quelli preposti alla tutela i Musei funzioneranno meglio e le Soprintendenze saranno più vicine al cittadino; questo anche grazie alla nascita delle nuovissime Soprintendenze uniche, che accorperanno le competenze archeologiche, storico artistiche, architettoniche, demoetnoantropologiche e del paesaggio

Ma è davvero così?

  1. Valorizzazione VS Tutela. I Musei gestiti tutti insieme sono stati staccati dalle Soprintendenze: la VALORIZZAZIONE va da una parte, la TUTELA DEL TERRITORIO dall’altra. Ma in Italia è il territorio il vero museo e le opere nei nostri musei raccontano la storia dei territori da cui provengono ! Separare i musei dal territorio vuol dire non tenere conto della straordinaria specificità dell’Italia, e applicare all’Italia un modello valido per altri paesi, come gli USA, che concentrano nei musei collezioni che in genere non hanno un rapporto con il territorio.

Diventerà molto complicato restaurare ed esporre i reperti che proverranno da nuovi scavi ed aggiornare quindi le collezioni dei Musei Archeologici, che vivranno una vita per così dire “congelata”

  1. Supermusei a caccia di opere? Se musei e territorio sono gestiti da uffici del tutto staccati, potrebbe succedere come in America: ad esempio, dopo uno scavo, il museo più ricco o influente si accaparra i reperti più belli (magari perché ha più soldi per i restauri). Così una statua trovata a Taranto potrebbe finire a Milano, senza rispetto per il luogo di provenienza.
  2. Molti uffici, poco personale. Con la riforma iniziata nel 2014 e potenziata ora, molti Musei diventano TOTALMENTE autonomi: 22 istituti infatti saranno dotati di “autonomia speciale”. In più, TUTTI i musei dello Stato sono affidati ad uffici unici (i Poli Museali), uno per regione. Finalmente anche in Italia i musei funzioneranno a dovere e faranno davvero rete fra di loro! Niente più orari differenti, chiusure improvvise … il problema è che tutti i nuovi uffici che stanno nascendo hanno bisogno di persone, per funzionare, e queste persone non ci sono perché le riforme oggi si fanno “a costo zero”. In alcuni casi mancano addirittura gli edifici per ospitare il nuovo personale. Dunque… gestione unica, chiusura unica !? Si vuole forse causare la crisi del sistema museale diffuso per passarlo ai privati ?
  3. Archeologi dispersi, 1: con la nuova fase della riforma vengono chiuse le soprintendenze archeologiche. Avere una divisione per settori è male: bisogna accorpare tutto, così i cittadini quando fanno le pratiche edilizie vanno solo in un ufficio. Giustissimo ma… Avete pensato che quasi tutte le pratiche presentate dai cittadini non hanno bisogno di un’autorizzazione archeologica? Dov’è il guadagno, allora?
  4. Archeologi dispersi, 2: con le Soprintendenze uniche ci saranno archeologi in tutti gli uffici territoriali del ministero! Che bello! Più controllo del territorio… ma gli archeologi sul territorio ci vanno ogni giorno o quasi da più di un secolo! cambiare la sede di lavoro non cambierà la loro capacità di fare controlli e scavi: fondi per gli spostamenti, automezzi per fare i sopralluoghi… ecco cos’è che manca, ecco cosa cambierebbe davvero le cose!
  5. Quali sono gli ordini? le nuove soprintendenze si occuperanno di tutto. I soprintendenti allora dovranno essere dei geni onniscienti, altrimenti come faranno a prendere decisioni sensate in materia di archeologia, architettura paesaggio, storia dell’arte? Per spendere bene i soldi dei cittadini ci vogliono tecnici che sanno quello che fanno! E poi, ce lo vedete uno storico dell’arte contemporanea a decidere che fine deve fare una villa romana?
  6. E il restauro? Le Soprintendenze archeologiche chiudono… e i restauratori che fine fanno? Rischiano di essere separati e sparpagliati dentro altri uffici. Ma così si disperdono i saperi di una scuola che tutto il mondo ci invidia! Solo due esempi: a Firenze il Centro di Restauro che ha salvato i Bronzi di Riace non esisterà più! Per la Soprintendenza delle Marche, dove si rinvengono ogni giorno preziosi reperti preistorici in bronzo, oro ed ambra, non è più previsto un laboratorio di restauro.
  7. Studiosi o soldatini? Fino ad oggi i funzionari del Mibact (Archeologi, architetti, storici dell’arte…) erano persone altamente specializzate, con dei superiori altrettanto specializzati: Soprintendenti e direttori generali esperti nel proprio campo. Da ora in poi i soprintendenti non sono più specialisti di un singolo settore (vedi punto 5); in più, essi risponderanno anche ai prefetti, che avranno possibilità di intervenire sui pareri più “spinosi”. In alcuni casi potrà intervenire direttamente la Presidenza del Consiglio! A cosa serve un parere tecnico, se la politica ci può mettere bocca come e quando vuole? La difesa del patrimonio culturale non può dipendere dal colore di un Governo!
  8. Gli archeologi bloccano i lavori! Quante volte abbiamo sentito questa storia? Ma in realtà da qualche anno in Italia, in zone a rischio, gli scavi vanno fatti per legge PRIMA che un qualsiasi lavoro parta, proprio per evitare blocchi in corso d’opera. Pare che questa norma, invece di essere migliorata ed estesa, stia per essere fortemente ridimensionata. Dunque, ruspa libera e stiamo alla fortuna: se poi un sito si trova comunque, allora sì che i lavori si bloccheranno per anni, e questa volta davvero con un bel danno economico per le imprese e per le casse dello Stato!
  9. La programmazione culturale: Molti dei parchi archeologici che costituiscono il vanto dell’Italia, e che oggi si vogliono autonomi, si sono costituiti grazie alle scoperte archeologiche generate dall’attività di tutela. Pensate al “nuovo” magnifico anfiteatro scoperto a Volterra; ai grandi monumenti della città di Pozzuoli, il vero porto di Roma per quasi quattro secoli, alle navi ritrovate quasi intatte durante gli scavi della Metro a Napoli, ma anche alle meravigliose ville scoperte a Roma negli ultimi dieci anni. Questo è stato possibile grazie al fatto che la tutela è stata finora gestita da archeologi in grado di capire immediatamente quello che avevano trovato, ma soprattutto di impegnare e gestire risorse per proteggere i rinvenimenti e metterli a disposizione della comunità. Per questo non bastano funzionari sul territorio, occorrono per forza di cose interi uffici territoriali, con dirigenti culturalmente preparati per capire le esigenze imposte dai rinvenimenti e poter PROGRAMMARE la tutela, non limitarsi a bloccare cantieri e chiudere opere. Altrimenti domani cosa valorizzeremo ?

 

Insomma, si tratta di una riforma che sconvolge il sistema di tutela che finora ha garantito la sopravvivenza dei nostri beni culturali e che il mondo ci invidiava.

Ora si separa la tutela dalla valorizzazione, ma non si può valorizzare bene ciò che non si conosce attraverso la ricerca e che non si conserva attraverso la tutela.

Ora si mette in sofferenza un rapporto tra impiegati, funzionari del ministero ed il territorio di riferimento che ha funzionato finora; ora si accorpano competenze diverse quando invece serve sempre più la competenza specialistica.

Ora la politica entra nelle decisioni più importanti la cui obiettività veniva garantita da tecnici specializzati.

Ora tutto questo non è a costo zero, anzi, comporta notevoli dispendi di denaro e di risorse umane.

Ora ci chiediamo: a chi giova la riforma?”

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Un pensiero su “La Riforma del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – il nostro punto di vista in 10 (semplici) punti

  1. Io la definisco una controriforma e per questo la risposta è data. Questo è il disegno di privatizzazione totale che si vuole fare e smantellare il pubblico e lo Stato. Vergogna

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