Archeologia ed emergenza COVID-19

A pochi giorni dall’appello congiunto delle Associazioni di categoria e dopo una prima nota in cui segnalavamo la grave situazione degli Uffici lombardi, torniamo a far sentire la nostra voce sulle questioni legate all’emergenza Coronavirus, per chiedere la sospensione delle attività di sorveglianza e scavo archeologico su tutti i cantieri. Perché la tutela archeologica e la salute dei lavoratori devono essere entrambe considerate prioritarie.

Di seguito il testo della nostra nota, inviata ai competenti organi centrali del Ministero.

 

Considerata la perdurante situazione di emergenza sanitaria da COVID-19 che investe ormai l’intero territorio nazionale, con un trend di casi purtroppo in continuo aumento, API – Archeologi del Pubblico Impiego rileva con viva preoccupazione che le disposizioni fornite sino ad ora da codeste Direzioni Generali (in particolare con la Circolare 10 della DG ABAP del 18/03/2020 e con la nota della DG MU prot. 4344 del 17/03/2020, che fanno seguito alla Circolare n. 18 del SG del 16/03/2020), non contengono alcuna indicazione vincolante ed univoca per tutte le sedi periferiche (Soprintendenze ABAP, che Direzioni Regionali Musei, Istituti autonomi) per tutelare i lavoratori delle sedi MiBACT, in particolare nelle Regioni dell’Italia settentrionale che registrano il maggior numero di casi di contagio e per le quali ci saremmo aspettati l’emanazione di apposite disposizioni, come già richiesto da questa Associazione lo scorso 16 marzo con nota formale alla quale attendiamo tutt’ora riscontro.

Si è dunque venuta a determinare una grave disomogeneità a livello nazionale, pur in presenza di una comune situazione emergenziale, legata all’ampia discrezionalità lasciata ai singoli Dirigenti su quali siano realmente i servizi minimi indifferibili per garantire la funzionalità delle sedi: attualmente alcuni Uffici risultano del tutto chiusi, con tutti i lavoratori in modalità di smart working, mentre in altri si persiste con un’apertura assicurata dalla rotazione del personale. Particolari difficoltà nell’affrontare la gestione di questa condizione si manifestano nelle Soprintendenze di più recente istituzione, pesantemente sotto-organico e spesso prive di dirigenti dedicati (con ruoli ricoperti ad interim), per le quali la gestione è nei fatti lasciata in carico al personale in servizio.

Sono del tutto mancate e continuano a mancare indicazioni univoche e vincolanti su quali siano “le attività indifferibili da rendere in presenza”, fatta salva la oggettiva necessità di garantire negli istituti e nei luoghi della cultura idonei presidi di vigilanza. Si rileva che altre Direzioni dello stesso Ministero, quale in particolare la Direzione Generale Biblioteche e Diritto d’Autore, con propria Circolare n. 9 del 19/03/2020, hanno fornito in maniera dettagliata e circostanziata le indicazioni in ordine alle attività indifferibili.

È evidente che la continuità dell’azione amministrativa possa essere assicurata con l’utilizzo delle piattaforme, quali Giada, che consentono la completa dematerializzazione del flusso documentale e che possono essere ordinariamente gestite in modalità agile dai funzionari istruttori e dai Dirigenti, garantendo la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti stessi, pur vigendo la sospensione dei termini amministrativi, stabilita dall’art. 103, c. 1, del D.L. 18 “Cura Italia” del 18/03/2020.

API – Archeologi del Pubblico Impiego segnala altresì la assoluta mancanza di disposizioni in merito all’esercizio delle funzioni istituzionali di tutela, considerando da una parte quanto disposto dalla Circolare n. 9 del 10/03/2020 della DG ABAP (“salvo casi di assoluta indifferibilità ed urgenza da valutare a cura dei dirigenti, ai quali si rimanda l’adozione di tutte le dovute cautele, i medesimi disporranno la sospensione delle missioni in Italia e all’estero nonché dei sopralluoghi di servizio”) e dall’altra la persistente operatività di cantieri dove società specializzate o singoli professionisti archeologi operano per scavi e/o attività di assistenza archeologica sotto la direzione scientifica del personale del Ministero, cui come noto competono in via esclusiva, ai sensi dell’art. 88 del D.Lgs. 42/2004, “le opere per il ritrovamento“ di beni archeologici.

Al momento le Soprintendenze non risultano essere in condizioni di esercitare i propri compiti di tutela attraverso l’adeguato svolgimento delle attività di ispezione e direzione scientifica, mentre pare non sempre garantita la possibilità di lavorare in sicurezza per i professionisti archeologi operanti direttamente sul campo, in condizioni che spesso non garantiscono il rispetto delle distanze minime di sicurezza. Nonostante che il nuovo DPCM del 22 marzo u.s. consideri le opere di cui al codice ATECO 42 (opere di pubblica utilità) tra quelle non coinvolte nello stop finalizzato al contenimento del contagio da COVID-19, si richiede dunque l’adozione di disposizioni generali finalizzate alla sospensione cautelativa di tutte le attività di scavo e/o assistenza archeologica, non essendo garantito l’esercizio delle funzioni istituzionali per cause di forza maggiore, con conseguente e necessario blocco delle attività connesse nei cantieri, salvo specifiche esigenze di opere di assoluta indifferibilità ed urgenza, quali quelle finalizzate alla gestione dell’attuale emergenza sanitaria.

In ultima analisi avremmo auspicato, da parte degli Organi Centrali del Ministero, un’attenzione più puntuale in merito agli aspetti critici che l’attuale emergenza comporta relativamente all’azione di tutela archeologica, soprattutto quella da esercitarsi su cantieri di terze parti, connessi con l’esecuzione di opere pubbliche e/o di pubblica utilità. Restiamo dunque in attesa di una risposta chiara da parte di codesti Uffici, che tenga conto di quanto più volte segnalato da questa Associazione e di quanto richiesto dall’appello congiunto delle Associazioni di settore del 13 marzo u.s.

 

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Credits: Sergei Piunninen via Pixabay

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