La costituenda associazione dei Funzionari Archeologi del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del turismo – A.P.I-MiBACT- esprime la più totale solidarietà al collega, dott. Alessandro Usai, al Soprintendente dott. Marco Minoja, ed a tutti i colleghi della Soprintendenza Archeologia della Sardegna, oggetto in queste stesse ore di un barbaro attacco mediatico da parte dell’on. Mauro Pili, già Presidente Regionale, e delle minacce di una masnada di violenti sobillati dalle dichiarazioni dello stesso Pili.
L’assoluta correttezza delle metodologie di intervento impiegate in ogni occasione dai colleghi nell’importante scavo di Mont’e Prama è da tempo sotto gli occhi di tutto il mondo scientifico, che da anni ne apprezza gli importanti risultati: una vera e propria pietra miliare nella ricostruzione della più antica storia del bacino del Mediterraneo, come non può non riconoscere chiunque abbia una conoscenza anche solo basilare dell’Archeologia stessa e dei suoi metodi di indagine.
Fa sorridere notare come l’attacco ai metodi di scavo della Soprintendenza provenga dall’esponente di una classe politica che, in altre occasioni, è la prima a lamentarsi dell’esasperante lentezza degli scavi archeologici, che non fa altro che disseminare decreti, leggi e leggine di trabocchetti per recidere di soppiatto i vincoli sui beni culturali introducendo norme che ne attenuano la Tutela anche in provvedimenti che parlano di tutt’altro, pur di non sottoporsi al serio esame dell’opinione pubblica.
Ci piacerebbe poi sapere quanti dei “cittadini” che oggi inveiscono contro i metodi a loro detta sbrigativi degli Archeologi dello Stato, si lamentino per gli stessi motivi quando invece i controlli vengono eseguiti sui terreni delle loro case in costruzione o precedano la realizzazione di infrastrutture di loro uso quotidiano. In quei casi la Storia, si sa, passa certamente in secondo piano, la Tutela diviene un inciampo, la scavatrice meccanica un comodo alleato.
Facciamo invece sommessamente notare che si tratta della stessa, medesima Storia: la loro Storia.
L’accaduto non può però non apparirci anche come il frutto più velenoso di un atteggiamento di marginalizzazione e di emarginazione che gli archeologi del MiBACT purtroppo sperimentano sulla propria pelle da un po’ di tempo a questa parte.
Escludere gli archeologi dalla direzione di importanti musei archeologici, dalla responsabilità della più importante Soprintendenza Archeologia d’Italia, quella di Roma “Colosseo” e della stessa Direzione Archeologia del Ministero – della quale si paventa addirittura la soppressione-; deprimere la tutela archeologica e svilirla passandone la responsabilità alle Prefetture, vuol dire non soltanto ridurre a quello di passacarte il ruolo dell’archeologo all’interno del Ministero, ma anche autorizzare indirettamente la sfiducia dell’opinione pubblica nei confronti del personale preposto alla tutela archeologica, esponendolo – come in questo caso – perfino a minacce e rischi personali.
Gli Archeologi del Mibact chiedono dunque al Ministro, On. Franceschini di fare chiarezza ed intervenire, di prendere una posizione netta e chiara in favore del Suo personale, di difendere e tutelare il ruolo dell’Archeologo dello Stato, che agisce quotidianamente e concretamente, spesso a costo di sacrifici personali, in favore della salvaguardia dei beni culturali, della creazione della cultura e della consapevolezza e, in definitiva, in difesa della Bellezza.
Alessandro Asta
Filippo Demma
Francesco Sirano
Coordinamento Nazionale API – MiBACT